Bitter Hollow.

  1. L'ultima sera.

    AvatarBy Shiki M.Shinda il 31 July 2014
     
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    - "Che fai? Se sposti la panca diamo troppo nell'occhio!"
    I clienti del salone si girarono, prestando più attenzione per l'esclamazione della giovane ragazza che alla panca in questione.
    - "Scusate signori, la mia amica si preoccupava per la quiete del locale, vi prego di non prestarci attenzione"
    Sara si girò verso Claudia, guardandola con stupore.
    - "Sara, non guardarmi così. Pensi che le persone facciano caso a noi che spostiamo una panca? Rilassati, altrimenti se ogni volta fai così dai più nell'occhio tu".
    Le due ragazze ripresero la panca finemente lavorata e adornata di rivestimenti in pelle rossa, e lo spostarono dalla vetrina, al centro del salone.
    - "Ecco, qua dovrebbe andare. Questa sera dopo la chiusura ti fermi qui e mi dici come va, okay Sara?"
    - "Ti prego, promettimi che sarai qui vicino, qualsiasi cosa succeda" - disse Sara preoccupata.
    - "Certo, non ti preoccupare. Ora torniamo a servire i tavoli e cerca di star tranquilla".
    Tornarono entrambe a lavoro, ambedue con preoccupazioni e pensieri simili rivolti alla sera incombente. Il lavoro sembrò più pesante e stancante del solito, quasi soffocante. Sara, continuò a rivolgere lo sguardo verso la panca e nel contempo cercò di evitarla in ogni modo.
    - "Sara! Abbiamo finito! Sono le 21.00, chiudiamo" - urlò Claudia levandosi il grembiule e prendendo le chiavi del locale.
    Sara rabbrividì e restò immobile dinanzi alla panca.
    - "Sara, io sarò vicino a te" - la rassicurò Claudia posandole una mano sulla spalla.
    Senza troppe esitazioni, ella uscì chiudendo le porte in legno del locale e rivolgendo uno sguardo di profonda preoccupazione a Sara, ancora immobile di fronte alla panca.
    Il locale era vuoto, buio, silenzioso. Sara non sapeva se fosse più rassicurante ora che in altre occasioni. Passeggiò a vuoto per una decina di minuti, facendo un leggero rumore sulle assi di legno che componevano il pavimento, dopo di che, si sedette sulla temuta panca, in preda all'agitazione.
    Nulla, nessun segnale per quasi mezz'ora.
    - "E' davvero finita?"
    Al sussurro di Sara, ella si sentì osservare dal retro della panca e la paura le riaffiorò, facendole sentire il cuore in gola.
    Si alzò di corsa, scappando sul retro del bancone. Le mani in preda al tremore, fecero fatica ad aprire il cassetto chiuso a chiave, cassetto in cui vi era custodita una copia delle chiavi del locale. Presa quest'ultima, si precipitò verso l'uscita, quasi sbattendoci il viso, ed aprì la porta. Talmente fu in preda al panico che si dimenticò di chiudere e scappò il più velocemente possibile.
    I viali del paese erano vuoti, nessun esser vivente manifestava la sua presenza in quelle strette strade in pietra, illuminate solo da una lieve luce calda emessa dai lampioni che la costeggiavano. Il rumore dei suoi passi, fece eco in ogni via. Dopo un'affaticante corsa, decise di fermarsi a riprendere fiato. Si voltò. Nulla, non c'era nulla. Ogni persiana e porta di qualsiasi edificio, erano chiuse e la strada silenziosa. Rivolse di nuovo il suo sguardo avanti, cercando di rammentare la strada in cui, in preda al panico, si ritrovò.
    - "Dove sono? Dove sono?!" - urlò. Nessuna risposta, nessun rumore, nemmeno un sibilo d'aria.
    Prese a camminare, singhiozzando. Dopo pochi minuti, in quell'angusto silenzio, si manifestarono delle urla.
    Riprese a correre con un bagliore di speranza in petto e si ritrovò in una piazza illuminata, colma di bambini privi di qualsiasi adulto che li sorvegliasse.
    - "Cosa sta' succedendo qui?" - disse a fil di voce.
    Si avvicinò cautamente, cercando di scorgere ogni particolare per comprendere la situazione.
    I ragazzini, si spingevano a vicenda, si saltavano addosso, assalivano, picchiavano, mordevano... Sembrò una vera e propria rissa, tutti contro tutti. Fu un attimo in cui quel caos cessò, trasformandosi inquietantemente in assoluto silenzio. Ognuno cessò di strillare e far del male ai propri coetanei. Si girarono verso Sara, fissandola. La ragazza fece pochi passi indietro, i bambini fecero lo stesso numero di passi verso lei. Lei non capì che stesse succedendo, ma si girò e riprese a correre di nuovo, con alle calcagna circa una cinquantina di piccole persone. La piazza si fece sempre più buia mentre volgeva verso la fine di quest'ultima. La folla le era sempre più vicina, sempre più rumorosa. La ragazza raggiunse la fine della piazza quando un'immenso stormo di corvi si librò in aria, producendo un rumoroso gracchiare e sbatter d'ali che adornò lo scuro cielo privo di stelle di un manto di pioggia di piume nero corvino. Sara cadde e subito si voltò. Dei bambini nessuna traccia, tutto scomparso. Bambini, corvi... Anche la piazza scomparve. Incredula, si ritrovò una via più in là di casa di suo padre, casa in cui lei stessa alloggiava. Prese a camminare con calma verso essa, rassicurata dall'idea che la sua suggestione l'avesse ingannata. Dopo pochi metri, arrivò. Le luci erano ancora accese. Sbirciò dalla finestra intravedendo suo padre sorseggiare un boccale di vino mentre rideva con la sua amica Claudia. Si diresse verso il retro, preferendo salutare prima di tutti Tamy, il loro fedele cane.
    - "Tam, Tam! Tamy, dove sei? Vieni fuori sono io!" - del cane nessuna traccia.
    Raccolse la sua lunga gonna e si sedette sulle scalinate in legno sul retro della casa, osservando quel cielo vuoto ed angosciante. Improvvisamente, si sentì aprire la porta sul retro e vide suo padre uscirne e dirigersi verso lei. Sara si alzò, sistemandosi e pulendosi la gonna.
    - "Sara! Figlia mia, va tutto bene?"
    - "Sì padre, è stata una giornata faticosa e volevo approfittare di un momento per sedermi e rilassarmi... Ma... Che fine ha fatto il nostro cane? L'ho chiamato ma non è venuto a salutarmi"
    - "Penso sia scappato, è tutta sera che non c'è più" - Sara rimase malissimo a queste parole - "E' tardi, fa freddo, perché non entri a ber qualcosa di caldo e a riposarti adesso?"
    - "Avete ragione padre. Claudia è ancora lì?" - l'uomo, che aveva ormai preso a camminare verso l'usciere di casa, si girò verso la ragazza dicendo, con un insolito sorriso: "Mi ha deliziato con la sua presenza". Riprese a camminare.
    - "Padre, siete strano" - l'uomo si fermò con fare seccato. Stette immobile per qualche istante.
    - "Padre, padre... Va tutto bene?" - si girò. Il suo sguardo insolito, divenne malinconico. Cominciò a sbottonarsi la camicia.
    - "Mi dispiace Sara, mi dispiace... Io ti voglio bene più di qualsiasi altra cosa lo sai, vero che lo sai?"
    La vista di cosa vi era nascosto sotto la camicia del vecchio, la fece inorridire, tant'è che ella si girò in preda a conati. L'addome era rosso, pieno di ferite ormai marcie da cui fuorisciva un pus che emetteva un'odore rivoltante. Vermi e larve strisciavano lungo la zona, piccoli ragni scappavano da una ferita all'altra.
    - "Sara, non scappare da me... Sara ti prego..." - gemette successivamente dal dolore.
    Un'enorme ferita che lo attraversava in verticale, gli si aprì, producendo un suono di ossa rotte e facendo colare fluidi e sangue a terra. L'uomo si contorse. Il suo collo si girò in modo inumano, così come gambe e braccia. La ferità si aprì totalmente e ne cadde un braccio umano, braccio in cui Sara vi riconobbe un bracciale, il bracciale di Claudia. Denti spuntarono lungo la ferita e diverse lingue di ignota provenienza, ne fuoriscirono, protaendosi verso la ragazza, immobile ed inorridita da quella vista.
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